Oggi il mondo scorre veloce, ha i suoi ritmi e noi costantemente cerchiamo di raggiungerli al solo scopo di non rimanere indietro rispetto agli altri.
Pensate quanto debba essere difficile, invece, per un ragazzo disabile appartenere a questo mondo così “accellerato” eppure non riuscire a raggiungere diritti basilari di inclusione, nemmeno all’interno di strutture come quelle universitarie.
Infatti diversi ragazzi con disabilità fisiche importanti hanno raccontato le loro esperienze da studenti. Ciò che hanno riportato non vi piacerà e di sicuro rappresenta un grave, gravissimo fallimento del passato che va analizzato e risolto.
Pensate che Pasquale, studente della facoltà Bicocca di Milano, affetto da atrofia muscolare spinale, ogni volta che segue lezioni all’esterno dell’edificio principale è costretto ad inviare una email 7 giorni prima per avvisare che avrà bisogno di un accompagnatore per andare in bagno e nel caso di indisponibilità del personale è costretto a farsi aiutare da sua madre.
Per Mohammed, invece, studente della Cattolica di Milano affetto da patologia neuromuscolare, risulta difficile anche solo tornare a casa: le navette messe a disposizione non coprono l’intero orario dei corsi e molto spesso è costretto ad arrivare da solo all’alloggio, con i mezzi pubblici e tutte le difficoltà del caso. Inoltre racconta di come le aule non siano predisposte ad ospitare ragazzi disabili per la larghezza dei banchi e questo lo separa fisicamente dal resto dei colleghi, in una logica totale di esclusione.
Alberto, studente della Bocconi di Milano e affetto da atrofia muscolare spinale, racconta di quanto sia complicato per lui eseguire un esame scritto per mancanza di personale addetto a scrivere per lui, ostacolando moltissimo l’esito stesso della prova.
Così come Mattia, studente dell’università di Milano affetto da distrofia di Duchenne, ci mostra come sia difficile per un ragazzo con disabilità l’aggregazione con il resto dei colleghi in quanto luoghi di ritrovo come mense biblioteche e bar risultano totalmente inadatte ad accoglierli.
Martina, studentessa dell’Università di Paola affetta da SMA, è obbligata a tornare a casa per usufruire del bagno per mancanza di servizi preposti all’accompagnamento.
Ho voluto parlarvi di queste storie, una ad una, per farvi capire quanto urgente sia questa questione che va avanti silenziosamente, generando sofferenza tra chi già soffre.
Fu predisposta una legge nel lontano 1999, la Legge 17, che impone alle università italiane di offrire adeguati servizi, sia per l’accesso fisico alle strutture sia per le normali attività didattiche.
Invece, da come abbiamo potuto constatare, alcuni atenei risultano ancora inadatti in termini strutturali ad ospitare i portatori di disabilità motoria e non riescono ancora a garantire appieno il diritto allo studio, con attrezzature tecniche, forme individuali o collettive di ausilio tecnico-funzionale, specifico materiale didattico e personale di sostegno.
Vanno prese delle decisioni per fare in modo che non esistano più separazioni che decretino automaticamente chi è “normale” da chi non lo è, chi ha diritto di andare in bagno o alla mensa da chi non può.
Non è accettabile in una società civile e la politica dovrà prenderne atto e mettere al centro questi temi così che davvero nessuno rimanga indietro.
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