Sono 5 i quesiti che dovremo votare per il Referendum Giustizia il 12 Giugno.
Il primo quesito riguarda l’ABOLIZIONE LEGGE SEVERINO.
La posizione del Movimento 5 Stelle è chiara, l’abolizione della Severino provocherebbe come conseguenza che la sanzione accessoria non troverebbe più un’applicazione sicura in caso di condanna, con conseguenze dannose per il corretto funzionamento della democrazia, in quanto si tornerebbe a un sistema insufficiente a garantire l’integrità del sistema democratico. È un quesito pensato per i sindaci ma, se passasse il SÌ, decadrebbe tutto, ossia verrebbe meno il concetto di indegnità anche per chi vuole candidarsi alla Camera e al Senato. Si rischia di far venire meno valori fondamentali come quelli della trasparenza e dell’onestà. NO, su giustizia, trasparenza e legalità il M5S non accetta compromessi! Questa legge rappresenta per noi un testo fondamentale perché ispirata dall’esigenza di avere un ‘Parlamento pulito’ mentre la sua eventuale modifica va nella direzione opposta. Non vogliamo permettere a chi è macchiato di gravi reati quali quelli mafiosi di potersi candidare.
Il secondo quesito riguarda la LIMITAZIONE ALLE MISURE CAUTELARI
Noi del M5S siamo contrari a tale quesito, perché eliminare la reiterazione del reato dalle cause che giustificano l’applicazione di misure cautelari produrrebbe l’effetto di limitare fortemente la tutela dell’esigenza di sicurezza sociale tipica delle misure cautelari, andando contro gli interessi dei cittadini.Ci opponiamo alla revisione dei criteri della custodia cautelare perché questo indebolirebbe uno strumento dei magistrati per il contrasto a molti reati. Sottraendolo alla disponibilità dei magistrati si mina la sicurezza di tutti perché persone accusate di gravi reati potrebbero rimanere in libertà. Diciamo NO a chi vuole mettere a repentaglio la sicurezza dei cittadini.
Il terzo quesito invece riguarda la SEPARAZIONE DELLE FUNZIONI DEI MAGISTRATI
A differenza di quanto propongono i promotori del quesito, noi sosteniamo che la comunanza di formazione e di percorso iniziale tra PM e giudici contribuisca a scongiurare, se non addirittura ed evitare, il rischio di un corpo separato con i PM che diventano così avvocati di polizia, come in un sistema accusatorio puro, in cui il PM è spesso eletto dalla politica.Infatti, il Movimento non è d’accordo neanche con le modifiche proposte dalla riforma c.d. Cartabia così come votata alla Camera: si è astenuto dal voto in Aula, in quanto ritiene questa previsione lesiva dei principi di autonomia e indipendenza della magistratura. Ciascun magistrato, infatti, sarebbe tenuto a scegliere la propria funzione sin dal principio e non potrebbe cambiare ruolo durante la sua vita professionale.Questo quesito non mette il cittadino al centro dell’attenzione perché non vengono prese in considerazione le sue garanzie e i suoi diritti che invece vanno sempre tutelati. Attualmente c’è comunanza di formazione e di percorso iniziale tra PM e giudici e questo a nostro giudizio contribuisce a scongiurare, se non addirittura a evitare, il rischio di un corpo separato con i PM che diventano AVVOCATI DI POLIZIA come in un sistema accusatorio puro, in cui il PM è spesso eletto dalla politica. A chi vuole attentare al principio dell’indipendenza della magistratura rispondiamo NO
Il quarto quesito è rivolto alla possibilità di VOTO AVVOCATI E PROFESSORI NEI CONSIGLI GIUDIZIARI SU VALUTAZIONI DEI MAGISTRATI
Siamo contrari al quesito referendario in quanto, se approvato in questi termini, introdurrebbe meccanismi distorsivi o di potenziali conflitti di interessi, e rischierebbe di offrire agli avvocati, volontariamente o involontariamente, uno strumento di pressione indebita nei confronti dei magistrati, senza giovare affatto ai lavori dei consigli giudiziari. Il DDL Bonafede prevedeva il coinvolgimento dei componenti non togati, attraverso un c.d. diritto di “tribuna”, con la facoltà di partecipare alle discussioni e di assistere alle deliberazioni delle pratiche relative alla progressione in carriera trattate dal consiglio giudiziario, ma senza un vero e proprio diritto di voto.Con la riforma Cartabia di recente approvata alla Camera (ed ora in discussione al Senato) abbiamo fatto un ulteriore passo in avanti, attraverso l’introduzione di un voto unitario da parte del Consiglio dell’Ordine degli avvocati. Questo rappresenta un punto di caduta tra chi avrebbe voluto attribuire un vero e proprio diritto di voto personale e diretto agli avvocati che siedono nel Consiglio Giudiziario e chi avrebbe voluto mantenere in favore degli avvocati esclusivamente il c.d. “diritto di tribuna”, cioè la possibilità per avvocati e professori universitari di partecipare alla discussione, ma senza un ver e proprio diritto di voto.Siamo contrari al quesito sulla valutazione dei magistrati da parte di avvocati e professori attraverso un diritto di voto singolo, perché in questo modo si corre il rischio di introdurre potenziali conflitti di interesse all’interno del consiglio giudiziario. I magistrati devono poter fare le sentenze senza rischiare di incorrere in potenziali ritorsioni da parte dei singoli avvocati. Siamo favorevoli, invece, ad un voto unitario, così come previsto dalla riforma approvata di recente alla Camera. Diciamo NO a chi vuole intervenire a gamba tesa sulla giustizia.
L’ultimo quesito è per la: PRESENTAZIONE FIRME PER CANDIDATURE DEI MAGISTRATI AL CSM
La posizione del Movimento 5 stelleSebbene sia condivisibile l’obiettivo di arginare le derive del correntismo all’interno della magistratura, lo strumento referendario è per noi inadeguato allo scopo, in quanto si limiterebbe ad eliminare un frammento di norma, che, se da un lato, non sembra produrre riflessi negativi, dall’altro lato, non garantisce di apportare miglioramenti effettivi al sistema vigente.Noi riteniamo opportuno, invece, intervenire attraverso una riforma organica e complessiva di tutto l’ordinamento giudiziario e del CSM. Ed è quello che abbiamo fatto, prima con il DDL Bonafede e poi con la riforma Cartabia che è intervenuta sul DDL, utilizzato come testo di partenza. Infatti, vi è già una proposta di riforma approvata alla Camera ed ora in discussione al Senato che, ove votata definitivamente, comporterebbe il superamento implicito del quesito referendario. Ma a differenza del referendum abrogativo, la riforma interviene per modificare in modo organico diversi aspetti fondamentali dell’intero sistema, e non si limita ad eliminare una singola norma dall’ordinamento: basti pensare alla “stretta” alle cosiddette ‘porte girevoli’, il riordino della disciplina del collocamento fuori ruolo dei magistrati ordinari, amministrativi e contabili, rivisitazione del numero degli incarichi semidirettivi, riduzione dei tempi per accedere alla magistratura.Quella del sistema elettorale per i componenti del Consiglio superiore della magistratura è una questione che merita di essere trattata in modo organico, nel contesto di una riforma complessiva del Csm. Diciamo NO a chi vuole minare il sistema della magistratura intervenendo con delle abrogazioni circoscritte, che peggiorerebbero solo il sistema.Siamo di fronte a un quesito inutile, che sarà superato dall’approvazione definitiva della riforma complessiva del CSM, che già ha avuto il via libera di Montecitorio e che ora è al Senato.I cinque quesiti, alcuni relativi ad argomenti troppo tecnici e che poco interessano i non addetti ai lavori, possono essere contestati con una motivazione generale: lo strumento del referendum – PROPRIO PERCHE’ ABROGA E NON COSTRUISCE – mal si coniuga con il sistema giudiziario. Nel settore della giustizia è infatti pericoloso procedere a colpi di abrogazione perché, andando a rimuovere un piccolo mattoncino (fosse anche imperfetto) c’è il rischio concreto che crolli tutto il palazzo. In sintesi si tratta di interventi parziali che, slegati da una riforma complessiva e più organica, perdono di significato.
BUON VOTO A TUTTI!
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