Quando sono stata eletta, come ormai sapete, ho fatto della cura e tutela della salute mentale una delle mie principali battaglie.
Sapevo che il malessere degli italiani stava raggiungendo numeri preoccupanti, sapevo che non se ne parlava abbastanza, sapevo che era assolutamente urgente intervenire: assumendo psicologi all’interno delle asl, nelle scuole, lavorando sullo stigma e sul sistema di presa in carico delle persone con patologie psichiatriche, oggi assolutamente insufficiente nel fronteggiare quella che è diventata, nel post covid, una vera e propria emergenza.
Quello che non sapevo è che, lentamente, avrei cominciato a concentrarmi sempre più sul disagio che colpisce bambini e adolescenti. Non avevo fatto i conti con loro, loro che, in questi anni, ho visto e ascoltato. Che mi sono entrati nel cuore.
Perché se da adulto quel che ti succede in qualche modo lo scegli o comunque hai gli strumenti per fronteggiare situazioni dolorose o difficili, quello che ti succede quando hai quattro anni, no.
Non lo scegli. E non hai neanche gli strumenti per comprenderlo.
E se capitano cose brutte, devi solo sperare che qualcuno un po’ più sensibile prima o poi si accorga di te, che faccia uscire dall’invisibilità a cui spesso si condannano, consapevolmente o meno, i bambini. Discorso molto simile vale per la fase adolescenziale, dove pensi di essere padrone del mondo e invece non riesci a gestire neanche le tue emozioni.
E ho capito che è in quegli anni che si deve intervenire, prima che sia troppo tardi, prima che quel malessere inghiotta il cuore trasformandoti in una persona che non sei. Prima che schemi relazionali errati appresi in famiglia (o fuori) trasformino la donna o l’uomo che hai accanto in un oggetto, prima che la violenza diventi un linguaggio, prima che subentrino dipendenze, depressione, disturbi più o meno gravi. Prima. Prima si deve intervenire. È per questo che, pensando proprio a loro, ho depositato una proposta di legge che mira ad inserire la figura dello psicologo nelle scuole. Si tratta di un solo piccolo passo. Perché se penso alla scuola c’è così tanto da fare: cambiare modello educativo, innanzitutto. Un modello che ancora oggi si basa sulla competizione insana, sul timore, il giudizio. Basta.La scuola dovrebbe essere un luogo in cui voler restare con serenità e gioia.Non un posto da cui si vuole fuggire.Stesso vale per gli insegnanti, costretti a paghe assolutamente non proporzionali alla grande responsabilità che invece hanno.
Da qui ai prossimi mesi vorrei portare avanti un lavoro che vada in questa direzione, che parta dal basso e che intervenga sulla sensibilità di docenti e famiglie. Perché dal basso? Perché è da lì che possiamo incidere, ora. Non ho nessuna speranza che un governo che parla ancora di “merito” e che criminalizza l’educazione affettiva e sessuale, possa capire davvero le esigenze di questa fascia di popolazione. E allora piccoli gruppi di persone con la stessa sensibilità devono unirsi, pensare, studiare, progettare, proporre.
Piccoli gruppi di persone cambiano il mondo, possono farlo. Io ci credo.Ci credo ancora.
Oggi è la giornata Internazionale dei diritti dell’infanzia e dell’adolescenza… che sia cambiamento, speranza, azione, unione.
Si può fare.
Si deve fare.
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