Il disegno di legge Calderoli amplia ancora di più le differenze tra regioni del Nord e regioni del Sud, ma anche tra aree e territori dello stesso Nord.
Ma che cos’è l’autonomia differenziata?
Non è altro che l’attribuzione, alle Regioni che ne fanno richiesta, di maggiori poteri legislativi da parte dello Stato.
Questi poteri possono riguardare materie importantissime per i cittadini come salute, scuola, trasporti, ricerca, energia, credito e risparmio. Insieme alle competenze, le Regioni possono anche trattenere una parte del gettito fiscale che non sarebbe più redistribuito su tutto il territorio nazionale.
Diciamo no al progetto del governo Meloni innanzitutto perché non prevede le risorse necessarie a finanziare servizi omogenei su tutto il territorio nazionale, perché mette fuori gioco il Parlamento, perché contrasta con gli obiettivi del Pnrr e perché rischia di dare di più a chi ha di più e di meno a chi ha già di meno.
Perché siamo contrari. Vogliamo uguali diritti per tutti i cittadini in settori come sanità, istruzione, trasporti, energia.
Nel disegno di legge la definizione dei Lep (i Livelli essenziali delle prestazioni che devono essere garantiti in modo omogeneo a tutti i cittadini) viene affidata a decreti governativi senza un vero coinvolgimento del Parlamento.
I servizi essenziali vengono solo ipocritamente delineati, ma non sono garantiti in modo uguale per tutti. Per garantirli servono ingenti risorse che il disegno di legge si guarda bene dall’indicare.
Nel disegno di legge non c’è uno straccio di riferimento alla necessità di motivare, da parte di una Regione interessata, la richiesta di maggiore autonomia. Eppure in gioco ci sono 23 materie. Tra queste, alcune hanno un’evidente rilevanza nazionale come l’energia o la ricerca.Il disegno di legge non dà garanzie sul reale funzionamento del Fondo perequativo, previsto dalla Costituzione come strumento indispensabile al riequilibrio tra territori a maggiore e minore capacità fiscale.
Il progetto autonomista contrasta con gli obiettivi del Piano nazionale di ripresa e resilienza. I 209 miliardi portati in dote all’Italia da Giuseppe Conte nel 2020 servono a colmare le distanze tra Nord e Sud.
Il progetto autonomista è stato sostenuto da tutta la maggioranza di governo FDI, Lega e FI, che l’hanno potuto cinicamente sventolare prima delle recenti elezioni regionali. Questa riforma, che avrà conseguenze per il Paese, viene usata come un gioco da tavolo, come una merce di scambio tra partiti della coalizione.Noi diciamo NO: il nostro Paese non può essere trasformato in un campo di battaglia tra Sud contro Nord a scopi elettorali.
Per questo motivo sosteniamo la raccolta firme avviata dal Coordinamento per la Democrazia Costituzionale per una PROPOSTA DI LEGGE COSTITUZIONALE DI INIZIATIVA POPOLARE che si propone di modificare parti degli articoli 116 e 117 della Costituzione per impedire che vada avanti il disegno del Governo.
La proposta di iniziativa popolare in primo luogo modifica l’Art. 116 della Costituzione ponendo un paletto alla richiesta di autonomia, che può essere concessa solo se “giustificata dalla specificità del territorio”.
Inoltre, viene esclusa la possibilità di approvare una Legge quadro in ambito nazionale e poi intese tra Stato e singole Regioni. L’autonomia dovrebbe essere concessa con Legge dello Stato approvata dal Parlamento e può essere sottoposta a Referendum.
Sulla potestà legislativa viene modificato l’articolo 117 della Costituzione specificando in particolare che sanità, istruzione, tutela del lavoro ed infrastrutture devono restare di competenza esclusiva dello Stato.Infine viene introdotta, come avviene in tutti gli Stati federali, la clausola di supremazia dello Stato per tutelare “l’unità giuridica ed economica della Repubblica”.
Il testo della proposta di legge, assieme ad altri materiali esplicativi, si trova in www.coordinamentodemocraziacostituzionale.it
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