I conti svizzeri materni sconosciuti al presidente leghista della Regione Lombardia, Attilio Fontana, DIVENTANO TRE.
Già aveva spiegato d’aver appreso solo molto tardi del secondo conto svizzero aperto all’Ubs di Lugano nel 2005 dall’allora 82enne madre dentista pensionata (benché CON GRAFIA NON SUA): conto dove stavano i 5,3 milioni mai dichiarati al Fisco fino al settembre 2015, quando Fontana in sede di eredità della madre (morta in agosto) li regolarizzò usufruendo della legge sulla «voluntary disclosure».
E un mese fa i pm avevano inoltrato alla Svizzera una rogatoria per capire da dove fossero planati, sul secondo conto del 2005, i 2,3 milioni non arrivati (come invece gli altri 3) dal travaso del primo conto svizzero materno del 1997 (su cui Fontana aveva delega a operare).
Mercoledì i suoi legali «mantenendo gli impegni» con i pm Filippini-Furno-Scalas, hanno depositato «la documentazione che consente di ricostruire con chiarezza il patrimonio estero ereditato dai genitori». Questa chiarezza auto-afferma che il patrimonio «si è accumulato sin dagli anni ‘70», e postula che «si è scoperto ricomprendeva anche un secondo conto aperto nel 1999 presso altra banca elvetica», circostanza di cui Fontana «era completamente all’oscuro».
Il successivo consolidamento» nel 2005 dei due conti del 1997 e 1999, aggiunge la difesa, «spiega l’ammontare del patrimonio fatto oggetto di emersione» al Fisco nel 2015. In attesa che la Procura «ora verifichi», la spiegazione fornita — che per i legali corrisponde al massimo di documenti contabili recuperabili nelle banche svizzere dal cliente Fontana a distanza di tanti anni — non deve sembrare così tranciante se i suoi avvocati aggiungono un pizzico di autoironia nell’anticipare e prevenire valutazioni che eventualmente intendano svilire il valore risolutivo della ricostruzione bancaria proposta: «Siamo preparati ai commenti e alle battute di ogni genere».
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