Questa è una tra le scoperte più inquietanti degli ultimi decenni: per la prima volta, proprio in Italia, un team di scienziati ha trovato microplastiche nella placenta umana di sei donne sane, la stessa che è parte integrante del bambino.
Secondo i ricercatori: “Con la presenza di plastica nel corpo viene turbato il sistema immunitario che riconosce come `self´ (se stesso) anche ciò che non è organico. È come avere un bimbo cyborg: non più composto solo da cellule umane, ma misto tra entità biologica e entità inorganiche”.
Gli scienziati hanno ipotizzato due vie di ingresso, quella respiratoria e attraverso l’apparato gastroenterico. Altre ricerche avevano già dimostrato come le microplastiche che finiscono in mare, finiscono nell’organismo dei pesci che poi vengono mangiati dalla popolazione.
Non è tollerabile che alcune forze politiche chiedano compromessi sui temi ambientali così come vi siano ancora fasce della popolazione che minimizzano o ignorano il disastro.
Ci stiamo autodistruggendo e a molti, evidentemente, non è ancora chiaro.
Non c’è più tempo.
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DI SEGUITO L’ARTICOLO DEL CORRIERE DELLA SERA PER CHI VOLESSE APPROFONDIRE:
Quando le madri hanno saputo sono rimaste sotto choc. Nelle loro placente sono state trovate microplastiche, particelle di dimensioni inferiori a cinque millimetri derivanti dalla degradazione di oggetti in plastica presenti nell’ambiente. Ed è la prima volta he viene provata una cosa del genere. Dato il ruolo cruciale della placenta nel sostenere lo sviluppo del feto e nell’interazione con l’ambiente esterno, la presenza di queste particelle è una questione di grande preoccupazione, anche se ad oggi non si conoscono ancora le conseguenze sulla salute
La ricerca, approvata dal comitato etico, è stata svolta dall’Ospedale Fatebenefratelli di Roma e dal Politecnico delle Marche ed è appena stata pubblicata sulla rivista scientifica Environment International. Gli scienziati hanno analizzato le placente di sei donne sane tra i 18 e i 40 anni, con gravidanze normali, che hanno dato il loro consenso alla ricerca. Attraverso la Raman microspettroscopia, in dotazione al Dipartimento di Scienze della vita e dell’Ambiente del Politecnico delle Marche, con la collaborazione della dottoressa Elisabetta Giorgini, i ricercatori hanno identificato nelle placente 12 frammenti di materiale artificiale, particelle tra i 5 e i 10 micron, cioè grandi come un globulo rosso o un batterio. Dei 12 frammenti, 3 sono stati chiaramente identificati come polipropilene (materiale con cui vengono realizzati per esempio le bottiglie di plastica e i tappi) e 9 di materiale sintetico verniciato. «Quello che abbiamo trovato è inquietante e come scienziato l’ho cercato, ma non avrei mai voluto trovarlo» commenta Antonio Ragusa, primo autore dello studio e direttore Uoc ostetricia e ginecologia Fatebenefratelli.
I frammenti possono derivare da cosmetici, smalto per le unghie, dentifricio, gesso, creme per il viso e il corpo, adesivi. Cinque particelle sono state trovate nella parte di placenta attaccata al feto e che è parte integrante del feto, quattro nella parte attaccata all’utero materno e tre dentro le membrane che avvolgono il feto. «Nelle quattro placente in cui abbiamo trovato le microplastiche erano ovunque. Non abbiamo cercato le nanoplastiche , frammenti più piccoli, probabilmente avremmo identificato anche quelle».
Le conseguenze
«La placenta è parte integrante del bambino. Con la presenza di plastica nel corpo viene turbato il sistema immunitario che riconosce come `self´ (se stesso) anche ciò che non è organico. È come avere un bimbo cyborg: non più composto solo da cellule umane, ma misto tra entità biologica e entità inorganiche» aggiunge Antonio Ragusa. Ma ci sono rischi per la salute di questi bambini? «Ancora non si conoscono – sottolinea Ragusa – bisogna continuare a fare ricerca. Per ora ci sono solo supposizioni sul lungo termine, che non riguardano malattie fetali. Sappiamo da vari studi internazionali che le cellule lipidiche a contatto con la plastica cambiano il metabolismo dei grassi». Forse questa circostanza potrebbe spiegare l’aumento dell’obesità nel mondo in relazione alla maggior diffusione della plastica. «Riteniamo probabile che in presenza di frammenti di microplastiche all’interno dell’organismo la risposta del corpo, del sistema immunitario, possa cambiare, essere diversa dalla norma».
Le vie di ingresso
Non è chiaro come le microplastiche entrino nell’organismo umano anche se gli scienziati hanno ipotizzato due vie di ingresso, quella respiratoria e attraverso l’apparato gastroenterico. Gli pneumatici ad esempio rilasciano durante le frenate grandi quantità di microplastiche che, una volta respirate ed entrate nel torrente circolatorio, potrebbero raggiungere la placenta. Per ingestione le microparticelle di plastica potrebbero arrivare nell’organismo attraverso pesci come salmone, crostacei che sono grandi accumulatori ma anche attraverso sale da cucina o con le vaschette di plastica dentro le quali sono venduti cibi confezionati. Dall’intestino le particelle potrebbero raggiungere la placenta attraverso il sistema linfatico ed ematico. Non c’è certezza della via di ingresso. Di sicuro si sa però che la plastica in qualche modo ci è arrivata.
(LINK ARTICOLO: https://www.corriere.it/…/microplastiche-placenta-umana-sei…)
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