Grazie agli artisti che condividono con il pubblico le loro storie di coraggio e speranza

“Mia madre, modella delle Antille francesi con origini africane e indiane, mi ha avuta da mio padre, italiano e musicista di strada, giovanissima: non era pronta, e mi è mancata. Severità assente del tutto, al suo posto friabilità da cristalleria.

Perse se stessa, a un certo punto. Verniciava dal niente pareti di azzurro. Scompariva, non si faceva trovare. Aveva come un mostro invisibile dentro che le faceva fare cose che mai avrebbe voluto, e stava male, e non riusciva a scacciarlo via. Ho provato a starle vicino, a rincorrerla nei suoi abissi, in quelle stranezze euforiche e complicate da cui non mi ha mai protetta.

Avevo 19 anni. Conobbi un uomo più grande di 13. Andammo a convivere. Non finì bene, ma mi aiutò a specchiarmi con il desiderio imperante di dedicarmi solo a me.

Il tatuaggio di una croce semplice scandisce il passato sepolto, quel rinascere piano. Mi licenziai dai lavoretti che avevo, un po’ modella e un po’ barista, per provare a non morire di fame cantando. Iniziai in alcuni locali, temendo il giudizio del pubblico, coi tremori alle gambe e ai muscoli del viso. Una sera uno mi dice: ‘Manda una mail alla redazione di Maria. Che hai da perdere?’. In effetti, niente”

Elodie

Questi messaggi meritano di essere letti e diffusi. Grazie agli artisti che condividono con il pubblico le loro storie di coraggio e speranza.

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